Sono una persona normale – e quindi ero destinato a perdere

Non ho la storia shock, del tipo: “ha costruito per anni un computer nel garage di casa” oppure “è cresciuto in un quartiere malfamato, pieno di criminali e di gang ma poi si è riscattato…”. Sono una persona normale: sono cresciuto in una famiglia non ricca, ma non povera, con amici normali, non mi hanno mi puntato addosso una pistola e l’estate la passavo al mare, come moltissimi altri. 

Ero un ragazzo come tanti, anche se ero un agonista professionista: forse queste è l’unica differenza nella storia di tanti altri. Sono andato all’università per avere un lavoro che mi piacesse  e quando ho iniziato mi sono trasferito a Milano dove condividevo una casa con altre due persone. 

Sono cresciuto come una persona normale e quindi ero destinato a perdere. Il cammino era già scritto e cominciavo già a sentirne gli effetti. Ero un libero professionista come tanti e sebbene guadagnassi bene, per un ragazzo di 22 anni con una stanza a Milano e nessuna famiglia a carico, rientravo tra le migliaia di professionisti che guadagnavo il giusto, ma che potevano avere in qualsiasi momento l’”anno no” e rischiare di non riuscire a pagare le tasse o l’affitto. 

Tra l’altro l’anno “no” è arrivato (beh, un paio di anni no diciamo) che mi hanno veramente messo in ginocchio. 

Ero destinato a diventare come i tanti che non sono d’accordo quando dico che ci sono troppi clienti da servire, che possiamo guadagnare molto di più, che il mercato è enorme e abbondante e che l’unica ragione per la quale non abbiamo una vita professionale migliore è che non ci hanno insegnato ad attrarre clienti di alto profilo e in generale a trasformare progetti e obiettivi in realtà. 

Una persona poco tempo fa, proprio su questo argomento, mi ha scritto: “non è vero, i clienti sono pochi e la concorrenza è sleale!” Quante volte l’ho sentito. Quanti freelance in difficoltà, costretti a prendere lavori che non avrebbero preso, per pochi soldi, per arrivare a fine anno con pochi soldi e un anno uguale a tanti altri. 

Ero destinato ad essere come uno di quegli italiani fotografati dal Censis: arrabbiati, delusi, cinici verso la vita. Quando ho avuto il mio momento di crisi finanziaria e professionale, potevo diventare come loro. 

E invece ho scelto di pensarla in modo diverso e di fare cose diverse. Ho scelto di non fare le stesse scelte che fanno tutti: indebitarsi fino al collo per una casa nel momento in cui invece ti serve investire su di te, accontentarsi del lavoro che hai senza costruire nel tempo qualcosa di meglio, inseguire i fine settimana e le vacanze invece di studiare e crescere. Ho scelto di credere nei miei sogni e nel mio bisogno di essere un professionista appassionato, ricercato, molto ben pagato e riconosciuto. 

Insomma, ho rotto tutte le “regole” che ci hanno dato fin da piccoli. Ci hanno insegnato che l’erba voglio non cresce neanche nel giardino del re e io invece ho costruito la mia carriera su un grande “voglio”. Voglio avere un lavoro appassionante che non mi faccia sentire che sto lavorando, che farei anche gratuitamente. 

Ci hanno insegnato a ragionare per scarsità – ci sono pochi clienti, ci sono pochi soldi, ci sono poche opportunità – e invece mi sono costruito una vita di abbondanza – ci sono troppi clienti e quindi posso scegliere, ci sono tantissimi soldi nel mercato, devo solo imparare a guadagnarli, ci sono tantissime opportunità. 

E questo ha fatto la differenza. Sono uno dei Coach più pagati in Italia, sono appassionato e continuo a crescere e farei questo lavoro gratuitamente. Ogni giorno per me è entusiasmante, sì – anche quelli difficili, perchè non è che non abbia giorni difficili. 

Però ho imparato a vedere la vita in modo diverso. Ho imparato che si può vincere e anzi, che non è poi così difficile come ci raccontano. 

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